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La caotica metà della Mongolia

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Da Ulan-Ude (Russia) prendiamo un bus (1300 rubli) verso la Mongolia, 13 ore di viaggio….. arrivando al confine iniziamo da subito a notare le prime differenze: all’interno della dogana russa ci circonda una serietà e una rigidità imbarazzante mentre appena varchiamo quella mongola veniamo invasi da sorrisi e confusione (ma quella buona)… Dopo aver ricevuto gli attesissimi timbri sul passaporto, risaliamo sul pullman e ci accorgiamo che ……… le strade non esistono, attorno a noi ci sono solo una miriade di segni di pneumatici sparsi qua e là. Per fortuna l’autista non si fa’ prendere dal panico, come succede a noi, e spedito prende una rotta che chissà…… inizia a calare il sole ed all’orizzonte ancora niente, non una luce, non una strada, solo qualche Ger (casa-tenda dei mongoli nomadi), qualche allevatore con gregge a seguito, branchi di cavalli selvaggi, tanta steppa e poche macchine che prendono qualsiasi direzione tranne che la nostra. Si fa’ buio ed ecco apparire, in lontananza, qualcosa che ricorda una città, ci avviciniamo e d’improvviso ci troviamo imbottigliati in una coda dove occhio non vede fine e ci domandiamo: ma da dove cacchio sono sbucate? Saranno sempre state qui?

Lentamente arriviamo di fronte alla stazione, scendiamo, recuperiamo i bagagli (facendoci largo tra gli 800 promoters di escursioni ed ostelli presenti sul posto e sempre pronti alla carica ogni volta che addocchiano un turista) e ci dirigiamo a piedi verso il nostro prossimo nido… anche questa volta non è così semplice, qui i nomi delle vie in inglese ci sono ovunque, tranne che nella via del nostro ostello (che fortunelli), in più la cartina che abbiamo non è per niente dettagliata e la lingua mongola su “google translate off-line” non esiste… arriviamo praticamente a 2 minuti dall’ostello e ci facciamo prendere dallo sconforto, chiediamo informazioni ad una ragazza, che con tutta la disponibilità del mondo, cerca su internet il numero di telefono a noi necessario, telefona al proprietario e attende fino a quando non arriva a prenderci. Così iniziamo subito a capire quanto i mongoli siano un popolo disponibile ed ospitale.

Alloggiamo al “Danista Nomads”, perfetta, pulita ed economica location (1300 tugrik per: camera matrimoniale, bagno privato, colazione, ciabatte, asciugamano e lavatrice inclusi). Oltre a trovarsi a 10/15 minuti a piedi da centro e stazione, il prorietario è di una disponibilità e gentilezza ineguagliabile, in più parla un perfetto inglese…..

Non vi racconterò giorno per giorno la nostra permanenza nella capitale, perchè non ne varebbe la pena, vi scriverò a sprazzi impressioni, sensazioni ed avvenimenti.

Le cose che ci colpiscono subito di questa città sono decisamente negative:

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– è terribilmente inquinata a causa dell’uso del carbone sia nelle centrali sia per alimentare le stufe nella baraccopoli di Ger che circonda la capitale (una ragione in più per aiutare Greenpeace a far chiudere le nostre centrali in Italia) e noi che arriviamo dall’incontaminato Baikal facciamo fatica a respirare

– c’è un traffico spaventoso, anarchico e arrogante con l’ignoranza di uno smodato uso del clacson

– è un posto orribilmente grigio, causa smog, colore dei palazzi e della miriade di cantieri aperti essendo una città in piena espansione, pensate che la Mongolia conta 3 milioni di abitanti e la metà vive ad Ulaanbaatar.

Per fortuna ha delle note positive che scopri solo successivamente:

– è molto economica, mangi spendendo dai 2000 ai 30000  tugrik (quando ti tratti da re)  (1euro/15 euro), dormi con 13000 tugrik (5,5 euro), prendi il bus e compri l’acqua con 500 tugrik (20 centesimi di euro)

– la gente è molto disponibile e, a volte, parla inglese

– (nota positiva per gli uomini) si possono incontrare ragazze di rara bellezza

– in molti posti c’è la possibilità di collegarsi alla linea Wi-Fi gratuitamente

– i prezzi del pellame e del cachemire sono molto bassi

– hanno la splendida usanza: tutte le macchine all’occorrenza possono diventare dei taxi, basta sporgere il braccio, l’auto accosta, sali, gli fai azzerare il parziale e via…. (800 tugrik al km)

Purtroppo troviamo delle difficoltà nel prelevare con il bancomat e per non pagare commissioni troppo alte decidiamo di appoggiarci all’ufficio di cambio, che si trova a 3 minuti a piedi dalla piazza centrale.

Abbiamo avuto molta fortuna nell’incontrare, lungo il nostro cammino, persone che ci sono state di grande aiuto e stimolo (perchè, nonostante tutto, Ulaabaatar è il centro nevralgico della Mongolia, prima o poi tutti devono passare da qui):

– David: un uomo per metà pugliese sposato da 20 anni con una bellissima trapezzista mongola

– Nicola: un ragazzo vicentino che si trova qui per svolgere la tesi

– Monika e Gary: i nostri nuovi eroi, una coppia della California in viaggio dal 1972

– Turbat: il premurosissimo ragazzo proprietario del nostro ostello

– Mahendra: un signore di origine indiana che sta facendo un viaggio di pellegrinaggio in Mongolia come aspirante monaco (dopo essere già stato in Laos, Cina , India, Nepal, Sri Lanka, Myanmar, Singapore, Taiwan, Vietnam, Nuova Zelanda, Figi, Indonesia e Cambogia)

– e qualche local, di cui ci rimarrà non il nome ma il bel ricordo

tutti loro, chi più chi meno, sono stati parte integrante ed importante della nostra permanenza in questa città.

I luoghi belli ed interessanti che abbiamo visto non sono molti, vi farò comunque un elenco qui di seguito:

– la cosa che mi è piaciuta di più è stato il “black market”, una Porta Palazzo gigante, all’aperto e divisa in settori (senza la parte dedicata al cibo) : subito all’entrata si trovano una decina di tavoli da biliardo, poi si passa alla zona delle scarpe, dove puoi trovare dagli stivali di pelle con la punta all’insù, agli scarponi completamente ricoperti di pelo portati dai mongoli nomadi; continuando c’è la zona della lavorazione della pelle; la zona dei dolciumi, dove vieni sommerso dai coloratissimi bon-bon; la zona per il materiale da cavallo dove trovi tutto, dalle selle alle briglie alle staffe; la zona dell’argento; quella dei casalinghi; quella degli zaini (dove ho comprato il mio nuovissimo zainetto, 20 litri per 24000 tugrik); la splendida e coloratissima zona dei tessuti; quella dei maglioni e cappelli in cachemire e, sparsi qua e là, banchetti con caldissime calze di cammello e postazioni che vendono tè e zuppe liofilizzate, che nelle fredde giornate scaldano i commercianti.

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– un altro bel posto da visitare è Gandan Kiind, un monastero buddista di notevoli dimensioni e composto da vari edifici. All’interno dell’edificio per la preghiera oltre a trovare i classici cilindri dorati e le tangka (dipinti su seta) c’è una statua di un “bodhisattva” gigantesca e dorata, altri edifici sono utilizzati dagli aspiranti monaci e in più c’è una grande zona di preghiera all’aperto. Noi siamo stati fortunati perchè abbiamo avuto l’onore di essere accompagnati durante la visita da Mahendra.

– il palazzo d’inverno, che purtroppo abbiamo visto solo esternamente

– la statua di Genghis Khan in Sukhbaatar square

Comunque preparatevi perchè se volete visitare la Mongolia Ulaanbaatar diverterà il vostro centro del mondo, tutti i collegamenti per le altre città partono da qui. Ma non fatevi fregare dalle agenzie, sono dei mangia soldi, le escursioni organizzatele direttamente in loco, cioè nelle cittadine più vicine al posto che volete visitare.

Curiosità: per strada si possono incontrare uomini con una bilancia che per 100 tugrik vi faranno pesare, oppure donne con telefoni bianchi che vengono utilizzati per le chiamate nazionali, persone che vendono una miriade di pinoli cinesi, macchine che con i bagagliai aperti funzionano da negozio e donne sul pullman che alla fermata urlano la destinazione ed invogliano i passanti a salire.

In più ci siamo accorti che i mongoli non sanno assolutamente fare la coda, si accalcano uno sull’altro cercando di guadagnare posizioni e questo avviene sia a piedi che in macchina, infatti per strada vige la legge del più grosso: i camion battono i pullman che a loro volta battono le macchine che di conseguenza battono le moto (queste ultime devono sperare di arrivare) ed i ciclisti sono dei cadaveri ambulanti, fossimo nel vecchio west ci sarebbero i becchini a prendergli le misure ogni volta che montano in sella…… quando sei in strada non ci sono regole, nemmeno i vigili hanno autorità: una volta abbiamo visto una signora su un suv che cercava d’investirne uno…. Così abbiamo dedotto che i 2 lavori più tremendi da fare ad Ulaanbaatar sono l’autista di autobus e l’ausiliario del traffico, a fine turno avranno un livello di stress inimmaginabile…

E così concludo…… questa per me è ULAANBAATAR…..

 

1 Comment

  1. Nonostante il quadro non eclatante della città di Ulanbaataar il mio primo pensiero sarebbe quello di prendere un biglietto e immergermi nella nebbia velenosa della citta’ ,girovagare per il mercato (che immagino polveroso) fra merce curiosa e colorata e condividere con gli abitanti dalle guance rosse grandi sorrisi amichevoli!
    Grazie ragazzi perché ci portate in casa un po’ di quel mondo affascinate che possiamo vivere nei vostri racconti!

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