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Il compaesano

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Udite udite… il personaggio di questa settimana non è per niente un “local”, anzi, è un ragazzo di 26 anni nato a Vicenza.

Si chiama Nicola e l’abbiamo conosciuto appena arrivati ad Ulaanbaatar. Visto il fortuito incontro con un italiano, il primo in cui ci siamo imbattuti nel nostro viaggio, decidiamo di abbuffarci insieme in uno sciccosissimo ristorante cinese (spesa di 13 euro a persona) ed anzichè parlare del “bel paese” ci facciamo illustrare la sua interessantissima permanenza in Mongolia.

Comincia con lo spiegarci che si è recato in questa parte di mondo per svolgere la tesi, è laureando in antropologia, che in principio avrebbe dovuto trattare i cercatori d’oro. Ci racconta che in gergo locale vengono chiamati Ninja perchè armati di un grosso setaccio verde che trasportano a guscio sulla schiena, di conseguenza ricordano le famossissime Tartarughe Ninja, ma vista la pessima reputazione che si portano dietro, ubriaconi e truffatori, e vista l’unica esperienza d’inaffidabilità che ha vissuto quando ha tentato di perseverare nel sua scelta di tesi si è dovuto rassegnare ed ha cambiato progetto. Si è dedicato all’impatto delle nuove miniere presenti sul territorio. Per studiare il fenomeno si è recato per 2 mesi in un punto del deserto del Gobi, decisamente poco turistico ma adiacente alle strutture di suo interesse. Ha vissuto in una Yurta con una famiglia Mongola di ex allevatori ora divenuti per necessità operai.

Ci ha raccontato delle paghe da fame, dei turni assurdi, dei giorni di riposo non pagati, della pericolosità del lavoro e soprattutto dell’impossibilità a continuare la loro vita da nomadi allevatori. Ci ha spiegato che le miniere consumano la maggior parte dell’acqua che una volta era utilizzata da coloro che lavoravano con gli animali, occupano buona parte del suolo (circa il 25%) e di conseguenza molti sono stati costretti a disfarsi del bestiame, a stabilizzarsi e a svendere la propria manodopera.

Ma oltre a questi amari racconti ci ha introdotto alla classica vita Mongola, parlandoci di abitudini ed usanze ancora oggi colonne portanti della loro cultura: ci ha raccontato che quando si versa il tè bisogna far attenzione a non appoggiare mai la teiera con il beccuccio rivolto verso la porta, che lo strumento che usano per fare burro e formaggio è una delle cose più preziose che possiedono e di conseguenza solo i membri della famiglia lo possono toccare, di come ammazzano velocemente un montone e di come non ne sprechino neanche una minima parte, di come preparano l’unico tipo di formaggio presente su tutto il territorio, di come distillino il liquore dal latte fermentato, di come venerino gli spiriti della terra attraverso sassi piantati in verticale nel terreno, circondati da cumuli di pietre, oggetti e nastri, disposti a forma quasi piramidale, di come siano soliti cantare canzoni a turno mentre bevono in compagnia e di molto altro ma……. abbiate pazienza, ve le racconterò tramite le esperienze vissute sulla mia pelle e viste attraverso i miei occhi…

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