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Lo sguardo dell’India

Mai come in un altro posto sono stata così dispiaciuta e allo stesso tempo così contenta di andare via e di cambiare aria. Perchè l’India è proprio questo: “contraddizione”. Odio e amore si confondono, si mescolano come il piacere e il dolore, l’arte e l’analfabetismo, l’essenzialità e lo spreco, la meditazione e il caos. È come se l’illuminazione cercasse di mettersi al passo con la frenesia della modernità. Perchè in nessun altro luogo mi sono sentita così fuori dal cosmo e allo stesso tempo in un universo così reale e vero. Perchè la vita stessa è contraddizione… e l’India è vita. 

Mai avevo sentito così vicine la vita e la morte, mai avevo percepito in maniera così forte la loro fusione. Dove non sai se c’è un inizio e una fine, ma solo uno scorrere del tempo. Di un astratto concetto del tempo…

… viviamo in una società dove è sempre troppo tardi o troppo presto per tutto, dove il tempo ci fa paura e così ci schiavizza… e poi arrivi qui e ti rendi conto che non esiste. Che è il susseguirsi degli eventi che determina il tempo. Che è ciò che percepiamo nel nostro vivere, il tempo, e non il ticchettio di un orologio o le pagine di un calendario che volano via. Siamo uno spirito senza tempo, che ha preso una forma ma che muterà in continuazione.

Entrare in questa mentalità non è facile, uscirne è impossibile. Capire l’India è come decidere di prendere la pillola rossa, non si torna più indietro. Quindi potete capire la mia paura di scavare in profondità.

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Comunque già solo inebriarsi di India è qualcosa di unico al mondo e richiede calma e pazienza, due qualità che spesso nella nostra società vengono a mancare. Qui si impara ad aspettare: un treno che puntualmente è in ritardo (a volte di 10/12 ore), la cena o il pranzo anche se sai che sono già pronti, le persone di cui hai bisogno e quelle di cui pensi di non aver bisogno, che le cose facciano il loro corso; si aspetta e l’importante è farlo con calma e pace interiore. Poi si impara a farsi rispettare, a non farsi passare davanti in una coda, a non farsi calpestare quando si cerca di salire o scendere da un mezzo affollato e a non farsi fregare il turno da chi fa finta di niente (per me è da qui che nasce il termine: “fare l’indiano”).

Si impara ad essere osservati sempre e dovunque. Noi occidentali siamo una vera e propria attrazione. Siamo un richiamo per i commercianti e per chi lavora nel turismo, per i bambini e per intere famiglie. Tanto che spesso si ha la sensazione di essere dei V.I.P. (ma non fatevi babbiare, è tutta un’illusione) e di non avere privacy. Lo sguardo dei ragazzi nei confronti delle donne occidentali è lusinghiero, quello dei bambini è entusiasmato, quello delle donne è di curiosità, quello degli uomini cerca di fregarti e a volte fa paura, è manicale, spesso mette davvero a disagio. Alcuni uomini a Dheli cercano di toccarti il seno allungando il gomito facendo finta che succeda in maniera involontaria, così impari ad affinare i tuo sensi e a pararti come un vero pugile sul ring.

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Tantissimi ti salutano, vogliono stringerti la mano, vogliono passeggiare in tua compagnia (a volte solo per far vedere che hanno un amico occidentale), spesso vogliono farsi una foto con te. Ognuno di noi ha reazioni diverse a tutto ciò, ma sicuramente tutti rimaniamo stupiti ed increduli davanti alla formazione di lunghe code per farsi fotografare in nostra compagnia. Il candore della pelle, che noi tutti cerchiamo di modificare allo spuntare del primo sole, per loro è magnifico, è la loro aspirazione (anche perchè sono bombardati di pubblicità e da modelli occidentali da seguire). Basti pensare che le caste sono classificate anche in base al colore della pelle, più si è bianchi più si è di casta elevata. Ovunque vengono sponsorizzate creme sbiancanti, decisamente il nostro opposto. Noi ci mettiamo il fondotinta scuro e loro quello chiaro… come va storto il mondo. Mai contenti di ciò che siamo. Considerate che la filosofia indiana si basa sull’accettare tutto così com’è, dagli eventi all’aspetto fisico, cercando di elevare solo lo spirito (così continuano le assurde contraddizioni).

Sono un popolo curioso ma hanno usanze ancora molto bigotte, vige ancora il matrimonio combinato dalle famiglie che però si sta modernizzando in maniera per me tragica. Si sono create migliaia di agenzie e siti d’incontri che calcolano le affinità attraverso i dati inseriti su un computer e, visto che fare sesso e allontanarsi dal nucleo familiare prima del matrimonio mette ancora in cattiva luce, i giovani si catapultano in queste agenzie per trovare un “partner ideale” e abbandonare il nido. Alcune delle domande che ci venivano poste più spesso sono state: ma voi vi siete sposati per amore? (Anto ed io facevamo finta di essere sposati visto che non prendono assolutamente in considerazione il fatto di essere fidanzati. La non ufficilità del rapporto li fa sentire in diritto di provarci comunque). In Italia si può fare sesso prima del matrimonio? Vi hanno fatto incontrare i vostri genitori? certo c’è da dire che non si può generalizzare, alcuni ragazzi sono ben a conoscenza del mondo che li circonda e piano piano, con fatica e tanta opposizione stanno cambiando le cose, ma altri sono fuori dal mondo, non sanno neanche che esiste l’Italia o hanno delle idee davvero confuse. Un ragazzo esteticamente occidentalizzato che lavora a Mumbai una volta mi ha chiesto se la Francia è la capitale dell’Italia.

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Stanno “evolvendo” alla velocità della luce e allo stesso tempo a passo di gambero. Il consumismo ha preso piede quasi ovunque e la mancanza di determinati servizi rende le cose davvero difficili da gestire. Hanno una quantità impressionante di rifiuti da smaltire, visto il miliardo di persone che popola questo paese. Non hanno cestini dell’immondizia da nessuna parte (fa eccezione lo stato del Kerala), persino sui treni se domandi a chiunque, agli inservienti stessi dove buttare la roba, ti risponderanno fuori dal finestrino, perchè così fanno loro. La cosa bella è che se viaggi in sleeper class i finestrini di tutti sono aperti così che corri il rischio di ricevere qualche piatto di alluminio in piena faccia. Per noi questo tipo di atteggiamento è inaccettabile, io che prenderei a pugni già solo chi fa la raccolta differenziata in maniera errata figuratevi qui che patimento ho provato. Paesaggi incantevoli rovinati da montagne d’immondizia assolutamente non bio-degradabile senza che loro ci facciano neanche caso. 

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La religione è ciò che vincola la vita di tutti in India. Ha radici così profonde da condizionare ogni scelta e ogni attività. Si svolgono riti propiziatori e di benedizione un po’ ovunque, nelle case, nei negozi, nelle strade; decidono di mangiare un cibo piuttosto che un altro in base alla loro credenza. Un uomo un giorno ci ha raccontato che vicino a determinati templi i ristoranti e le case non usano l’aglio perché in tempi lontani il dio Shiva uccise un uomo malvagio e che da una goccia del suo sangue nacque la testa d’aglio. In altri posti non si mangiano animali e tutto ciò che nasce nel sottosuolo, perché attorno a ciò che ha origine sotto terra si crea un ambiente a se stante che non va in alcun modo condizionato. C’è chi non mangia maiale, chi non mangia coniglio, chi si dichiara vegetariano ma mangia i pesci e chi non mangia le uova. Così tante religioni, tante diverse regole e nonostante ciò così tanta unione. Mai in vita mia mi è capitato di vedere così spesso Induisti, Buddisti, Musulmani e Cristiani per mano. In India c’è posto per tutti. Sono tutti benvenuti e lo capisci già dal visto. 6 mesi di visto per chiunque, rinnovabile di altri 6 mesi con una piccola scappatella di un giorno in uno dei paesi confinanti. E lo capisci se ne conosci la storia: imperatori Musulmani con mogli Cristiane o Induiste che venivano lasciate libere di professare la loro religione. Non dico che sia stato tutto rose e fiori perchè ci sono state anche qui grandi e terribili lotte in nome della religione, ma diciamo che adesso si è arrivati davvero a un buon punto di tolleranza e civiltà. E poi ricominciano le contraddizioni: l’omosessualità  in India è reato ma non c’è omofobia quindi vi capiterà  di incontrare molti ragazzi per mano, in alcuni posti c’è da aver paura se sei una donna e giri da sola per strada, ma questa è un’altra storia, è un’altra contraddizione di questo incredibile paese.

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La condizione della donna in India è vergognosa. Non lavorano, non guidano, non vanno in bicicletta, non fanno sport, non possono uscire da sole la sera, non possono entrare in moltissimi “bar”, sono mal viste se fumano, se bevono, hanno sedili e carrozze del treno private (per proteggerle). Molte, secondo i nostri parametri, vivono una vita da recluse (spiegato anche il perchè si usano le agenzie per conoscersi e  sposarsi). Si occupano della casa e della famiglia. Il 70% di loro è in sovrappeso, ma non solo di qualche chilo. Come biasimarle, non possono fare altro che cucinare. Tra le altre cose la cucina indiana è ottima ma grassissima. Hanno piatti così grassi e pesanti che sarebbero perfetti per le zone più fredde dell’Alaska. Mettono gee (burro chiarificato) quasi in ogni pietanza per riuscire ad ottimizzare il profumo e il sapore di tutte le loro eccellenti spezie (ma del cibo vi parlerò in un articolo a parte). Per fortuna anche questo approccio verso le donne sta progredendo, nelle città più evolute come Kolkata, Bangalore e Mumbai la situazione sta prendendo una piega “rosea”. Le ragazze si stanno facendo valere come esseri umani e vivono una vita decisamente molto più libera e indipendente. Stanno nascendo donne forti e bellissime, affascinanti con i loro coloratissimi saree e grintosissime in jeans e maglietta, che faranno i salti mortali per cambiare questo paese.

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Le gestualità degli indiani sono diverse dalle nostre, come potrete ben immaginare. Hanno almeno 3 modi diversi di salutarsi: la congiunzione delle mani, il toccare i piedi o le ginocchia di chi viene salutato, o mettersi la mano sulla fronte con il palmo rivolto all’esterno. Il pollice in alto, che per noi vuol dire OK per loro è un NO. E molto altro. Ma io sono davvero rimasta affascinata dalla splendida delicatezza con cui ciondolano la testa, da destra verso sinistra e vice versa, che viene utilizzata in tantissime occasioni: quando viene concluso un affare, per acconsentire quando gli fai una domanda, per farti capire che stai facendo la cosa giusta ecc… È un movimento ipnotico, appena percettibile, ed è difficilissimo da imitare alla perfezione. Ci puoi provare e riprovare ma un indiano ce l’ha dentro, nel DNA.

Un altra cosa che mi affascina e mi fa ribrezzo allo stesso tempo (causa condizionamenti culturali) è che loro ovunque si trovano (parliamo delle caste più basse) se vogliono sdraiarsi si sdraiano. Non importa che sia la sala d’attesa di una stazione o un marciapiede, per loro è lo stesso. Magari potrete ritenerlo un brutto paragone, ma vi assicuro che non lo è per me; in questo sono come gli animali. È una cosa che io ho sempre invidiato fin da bambina, mi sono sempre chiesta perchè noi non lo potevamo fare, invece ho scoperto che qui si può fare, che qui è socialmente accettato.

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C’è da dire che il livello di igiene di questo paese è completamente diverso dal nostro, ci vorrebbe una via di mezzo tra i due mondi probabilmente, ma adottano comunque dei sistemi per sopperire alle mancanza di attrezzi per noi ritenuti necessari per la pulizia. In bagno non usano la carta igienica ma hanno un doccino al lato del wc o comunque usano solo la mano sinistra per le faccende sporche, mangiano con le mani ma usano solo ed esclusivamente la destra, bevono tutti dalla stessa brocca o bottiglia ma non appoggiano assolutamente le labbra e tante altre piccole accortezze che li salvaguardano dal contagio di sporcizia e malattie.

Quando l’India posa il suo incredibile sguardo su di te non puoi che ricambiare, non puoi fare altro che rimanerne incantato ed incuriosito. È come una calamita e tu sei il suo cobalto, perchè nel bene o nel male tutti voglio portarsi dentro lo sguardo di questo immenso paese. Poi ognuno avrà visto quello che voleva vedere: lo sporco, la povertà, il misticismo, l’arte, la tolleranza, la bellezza, ma comunque quello sguardo l’avrà cambiato  per sempre.

 

 

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