Piovono artisti a Delhi!!!
Arriviamo alla stazione di New Delhi con una mezz’ora d’anticipo rispetto all’orario previsto; si può dire che la fortuna sia stata dalla nostra parte visto che abbiamo sentito di epici racconti sui ritardi dei treni in India. La stazione è caotica ma meno di quello che mi sarei aspettata. La metro, che si trova proprio di fronte all’uscita, è dotata di 6 linee, di cui una diretta per l’aeroporto.
Acquistiamo la DMRC Smart Card Users (costo 150 rupie, di cui 100 di traffico utilizzabile, 20 di cauzione e 30 a fondo perduto) che ti permette di saltare le lunghe code alla cassa e ti dà il diritto al 10% di sconto; è possibile acquistarla in qualsiasi stazione metropolitana. Per chi si ferma per più di 3 giorni a Delhi è conveniente. La ricarica minima è di 200 rupie ma non vi dovete preoccupare perchè quando arriverà il tempo della vostra partenza la riconsegnerete ad uno dei tanti sportelli e oltre alle 20 rupie di cauzione vi verrà rimborsato tutto il traffico presente sulla scheda.
Per fortuna è facile orientarsi all’interno di questa immensa capitale che dà dimora a 14 milioni di persone (di cui 6 milioni sempre in movimento). Il territorio è diviso in distretti, frammentati in blocchi e suddivisi per numeri.
Con la classica curiosità da couchsurfing ci dirigiamo verso la casa di Pavan e Olga. Non vediamo l’ora di conoscerli.
L’appartamento è a sud di Delhi. Prendendo subito la metro non ci accorgiamo di nulla se non del pandemonio di quando devi salire o scendere da un vagone e della carrozza riservata alle donne… che a primo impatto sembra un’agevolazione apprezzabile, poi con il passare del tempo ci ragioni sopra, ti guardi attorno e ti rendi conto che ciò marca ancora di più la disuguaglianza che c’è tra uomo e donna. Se già di per se quest’atteggiamento è una piaga per qualsiasi società, qui in India è davvero un cancro difficile da estirpare.
Grazie ad un abile autista di Tuk-Tuk, che si destreggia tra il “traffic jam” dell’ora di punta, giungiamo a destinazione.
Il nido di Pavan e Olga ci incanta da subito: il salotto è zeppo di strumenti musicali (dalla batteria alla tabla, da chitarre elettriche a bassi e sax, da armoniche a microfoni professionali e mixer), imbottito di amplificatori, arricchito con un super proiettore; le altre camere sono luminose, ben arredate e soprattutto pulitissime (grazie al collaboratore domestico che lava, stira, cucina, fa’ la spesa, tiene in ordine ecc…) e, oltre a ciò, la casa è affacciata su un ricco orto ed un giardino pieno di Ganja. Vogliamo essere adottati.
Per ringraziarli dell’ospitalità la prima sera ceniamo all’italiana e gli prepariamo una amatriciana con del parmigiano vero. Trascorriamo 2 giorni stupendi parlando di musica, cinema e arte. Olga, che è una famosa cantante lirica russa, ci delizia con una performance privata, Pavan ci racconta che parte del suo tempo libero lo occupa costruendo chitarre elettriche partendo dal grezzo pezzo di legno. Le serate le passiamo tra private jam session… rimaniamo spesso a bocca aperta… anche il pranzo domenicale è indimenticabile… il montone al garam masala, cucinato dal domestico, si scioglie in bocca, scopriamo che si accosta alla perfezione ad una verdura (comprata nel gran mercato ortofrutticolo che viene allestito soltanto di sabato) a noi sconosciuta, il lady finger (assomiglia ad un fagiolino ottagonale) e rubiamo, direttamente dalla bocca della mamma di Pavan, la ricetta di una sublime salsa per l’insalata… che giornate magnifiche…
Purtroppo dopo solo due giorni siamo costretti a cambiare ospiti, Olga e Pavan sono molto ricercati su couchsurfing, così ci spostiamo da Nimit e Aranza. Anche loro vivono nella zona sud di Delhi, sono una coppia mista (lei messicana, lui indiano) e hanno un collaboratore domestico che non gli fa’ muovere un muscolo. Aranza è una scrittrice non stipendiata, Nimit un giovanissimo business man. Purtroppo con questi ragazzi non instauriamo un gran feeling. Così ceniamo assieme la prima sera, ma dopo ciò i nostri contatti si limitano a dei “namaste” e dei “have a nice day” mattutini.
Riusciamo ad instaurare un rapporto migliore con la governante che ci insegna a fare le “Aloo Parota”, delle specie di piadine ripiene di patate e masala… che gran donna… sorridente e abilissima nel manovrare pasta e utensili da cucina…
Nel frattempo le nostre giornate passano in fretta curiosando la città.
Il primo posto che andiamo a visitare è Hauz Khas Complex, la zona più alla moda della città. E’ un posto incredibile composto da: un lago all’interno di un parco disseminato di ruderi storici sfruttati da studenti o da coppiette che cercano un po’ di privacy (chiusura ore 5pm), università prestigiose, centri artistici, negozi e locali di tendenza che propongono musica dal vivo tutte le sere. Volendo potreste organizzare una spettacolare caccia al tesoro alla ricerca dei murales sparpagliati per tutta la zona.
Il giorno dopo visitiamo il Qutub Complex (250 rupie stranieri, 10 rupie indiani). Ci si arriva con la metro più 15 minuti di camminata. All’interno di questo complesso si trova Qutb Minar, il più alto minareto in mattoni del mondo, la moschea Quwwat-ul-islam, la porta di Ala-L-Darwaza e la colonna di Ashota (una colonna di ferro del 423 d.C.) famosa per la sua resistenza agli agenti atmosferici. Qui è il primo posto dove gli indiani si mettono in coda per farsi fotografare con noi. Che roba incredibile. Mi piazzano in braccio bambini, mi fanno abbracciare a mariti, figli/e, nonne e nonni. Ti impersonifichi un po’ in un V.I.P.. E per i primi 10 minuti è anche piacevole, poi ti rendi conto che se dici di si a uno è la fine, non ti muovi più per delle ore.
Nonostante le guardie del Qutub Complex ci abbiano sconsigliato di andarci perchè pericoloso ci mettiamo alla ricerca del Mehrauli Archaelogical park. Mai fidarsi degli indiani. Ti direbbero qualsiasi cosa pur di farti fare quello che vogliono. Essendo gratuito probabilmente non incentivano i turisti ad andarci. Comunque si tratta di un parco meraviglioso, costellato di antichi monumenti vissuti appieno dalla popolazione (parte della quale è perfino permanentemente accampataal suo interno). Se non passerete per questo parco vi perderete alcune delle rovine più suggestive di Delhi (la mia preferita: Rajon Kibaoli, il pozzo a gradini) disseminate in una vasta foresta accanto ad un caotico “bustee” (baraccopoli). Dirigendoci verso la stazione metro più vicina siamo incappati in un tempio di marmo bianco con stanze cesellate di pietre brillanti, specchi e con colonne intarsiate d’argento. La sua labirintica struttura, le piccole scalinate sparse qua e là e le torrette mi ricordavano vagamente un campo da mini-golf. Ci siamo anche imbattuti in un secondo tempio di pietra rosa che grazie al tramonto e alla sola presenza di una famiglia di scimmie ci ha regalato tutto il suo fascino. (la foto qui sotto riportata del pozzo a gradini non è nostra)
Un altra giornata intera la passiamo vagando per il bazaar della vecchia Delhi. Ci andiamo con due argentini (prossimi ospiti di Pavan e Olga): Raymundo e Cecilia. Lui è un artista a 360°. Si occupa di cinema, teatro e fotografia. In questo caso si porta dietro una macchina fotografica a pellicola: una vecchia Rolleiflex. Un pazzo!!!
Ci perdiamo tra le spezie e i peperoncini… è un circo di gente, animali, bancarelle, venditori ambulanti, mezzi di trasporto e negozi… una meraviglia, a mio parere… un continuo ingorgo di sapori, rumori e colori.
Ma nonostante il suo caos apparente segue una certa organizzazione a settori. C’è la zona frutta, verdura, carne, spezie, vestiti, giocattoli, dolci, forni tandoor, utensili per la casa, ferramenta e molto altro ancora. Ma tutto “ordinatamente” separato.
Essendo che la nostra giornata è cominciata dalla zona delle spezie non sono riuscita a conservare neanche una rupia (1kg di garam masala 1500rupie/20euro, 250gr di butter masala 250rupie/3.5euro) così che dopo la prima mezz’ora mi sono tolta ogni preoccupazione, ho girato e curiosato senza aver la possibilità di comprare null’altro.
Dedichiamo anche un intero giorno alla zona di Nehru Place. Visitiamo il Lotus temple. Luogo di culto della Fede Bahá’í, una religione monoteista che sottolinea l’unità spirituale di tutta l’umanità. Il Tempio è aperto a chiunque, a prescindere dalla religione, o da qualsiasi altra distinzione, come sottolineato nei testi bahá’í . Le leggi bahá’í ribadiscono che la Casa di Culto è un luogo di ritrovo dove le persone di tutte le religioni possono adorare Dio senza restrizioni confessionali. In oltre all’interno non si possono praticare cerimonie, rituali o prediche di alcun tipo. L’edificio deve il nome alla sua incantevole forma a fiore ed è circondato da 4 piscine e da giardini tenuti a regola d’arte. Vale davvero la pena vederlo, almeno dall’esterno; l’entrata è gratuita ma si passa un controllo al metal-detector ed è vietato introdurre cibi e bevande. Passeggiando nel parco adiacente ci siamo diretti verso Iskcon Temple, dedicato a Krishna. L’edificio è di color bianco panna e rosso mattone, nel suo complesso si può dire che sia bello. All’interno però si trova un bar, un negozio di souvenir, un stanza dedicata al laser show, stanze da affittare, un negozio di libri e locandine con proposte (es: corsi motivazionali) per spillarti più soldi possibile. Che business terribile. Questo mi ricorda sempre il perchè non credo in nessun tipo di religione istituzionalizzata.
E tra gite culturali, acquisti nei mercati, grandi mangiate (solo per pura curiosità professionale!), jam sessions e serate danzanti il tempo vola. E dopo aver imparato a memoria il ritornello di “disco diwani”, una canzone indiana degli anni ’80, mi rendo conto che mancano meno di 12 ore all’arrivo di mia mamma… non sto più nella pelle… finalmente potrò di nuovo stringere tra le braccia l’odore più buono del mondo.
Ps: Con mia mamma, mia zia, mio zio e la nostra amica Marcella ci fermiamo ancora un giorno a Delhi, prima di partire per il Rajasthan, così visitiamo il “Red Fort”, ma solo esternamente, “Jama Masjid” la grande Moschea della vecchia Delhi, “l’ India Gate” un arco di trionfo che commemora i 70.000 soldati indiani che hanno perso la vita nella lotta contro l’esercito britannico durante la prima guerra mondiale, e il “Raj Ghat” un monumento in memoria del Mahatma Gandhi, costruito nel luogo della sua cremazione.